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L’AUSTRALIA: UNA GABBIA DORATA, A PROVA DI COVID

Aggiornamento: 23 apr 2021

Articolo tratto da "Donne che emigrano all'estero"

L’AUSTRALIA: UNA GABBIA DORATA, A PROVA DI COVID

A chi segue l’evoluzione dei contagi da Coronavirus non sarà sfuggito come i paesi dell’Oceania – Australia e Nuova Zelanda – siano stati, in qualche modo, risparmiati dalle violente ondate di Covid che hanno colpito il resto del mondo.


Riferendomi all’Australia dove vivo, devo ammettere che anche la rigida gestione della pandemia da parte delle autorità locali ha permesso di contenere il virus, limitando il numero di contagiati e vittime, e permettendoci di continuare a condurre una vita più o meno normale (a parte lo Stato del Victoria che ha affrontato un lungo lockdown).


Quello che però qui mi sembra non si calcoli con altrettanta precisione sono le vittime indirette di questa pandemia.


Infatti, c’è chi ha perso il lavoro, chi si è ammalato di depressione, chi ha dovuto reinventarsi e chi, come me, è rimasto bloccato lontano dai propri affetti.

L’Australia è piena di immigrati a cui – per l’attuale politica di prevenzione che si basa anche sulla chiusura delle frontiere – non è più permesso viaggiare né fare ritorno al proprio paese di origine, presumibilmente fino alla fine del 2021.


Chi ha la cittadinanza o la residenza permanente non può letteralmente mettere il piede fuori da quest’isola (salvo exemption, complicata da ottenere) e chi invece ha un visto temporaneo potrebbe lasciare il paese ma non avrebbe più diritto a tornarvici. E comunque anche in questo ultimo caso, quando si ha un lavoro, figli scolarizzati in loco, una casa in affitto o di proprietà e una vita locale stabile, non è pensabile abbandonare tutto da un giorno all’altro per ritornare in patria.


Ciò fa sì che tutti noi espatriati, ormai da mesi, non abbiamo la possibilità di visitare le nostre famiglie, di partecipare a battesimi, matrimoni o funerali, di riabbracciare una madre, un fratello o un amico d’infanzia.


Pensiamo poi al prossimo Natale – festa di famiglia per antonomasia – che ci vedrà ancora lontani dai nostri cari.


In questo clima di isolamento si innescano quindi stati emotivi di paura, solitudine, nostalgia.

Essi sono legati sia al fatto di essere bloccati qui con il timore che possa succederci qualcosa senza che alcun familiare possa venirci in soccorso, sia alla problematica opposta ossia che succeda qualcosa alla nostra famiglia ed ai nostri amici dall’altra parte del mondo e che noi non possiamo raggiungerli.


È vero che le nuove tecnologie ci permettono di tenerci in contatto vocale e visivo, ma niente può sostituire un abbraccio, soprattutto in un periodo come questo di grande instabilità, per molti aspetti anche affettiva, in cui fare progetti risulta impossibile.


Molti di coloro che erano partiti dal proprio paese per fare un cambio di vita o per iniziare un nuovo lavoro, per vivere una bella avventura o per imparare una lingua, ora si trovano o a prendere un volo di solo ritorno.


In questo modo rinunciano ai propri sogni, o a combattere per essi lontano dai propri cari e dalle proprie radici senza una data di possibile ricongiungimento.


Purtroppo, ancora non si sa realmente per quanto tempo le frontiere resteranno chiuse (probabilmente si tratterà di aspettare il vaccino).


C’è anche da mettere in conto che alla riapertura ci saranno sicuramente difficoltà a trovare voli disponibili e a comprare costosi biglietti...


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